La recensione – “Resto qui” di Marco Balzano

221

di Luisa Di Maso

Instagram @luisa.di.maso

Il silenzio nell’aria rarefatta, la neve copiosa sulle montagne intorno, la vallata, i masi. Nulla fa presagire la guerra a Curon, i contadini, gli allevatori, gli artigiani continuano i loro mestieri millenari. Trina studia nel ‘23 da maestra, non sa che da lì a poco il suo territorio, il Sudtirolo, diverrà teatro della prepotenza del regime fascista che infligge maltrattamenti e soprusi a chi non vuole rinunciare alle proprie radici culturali. Trina non disperde la sua vocazione: l’insegnamento e svolge lezioni clandestine di lingua tedesca ai figli dei compaesani, finché può.

“Quando tutti sono usciti, i carabinieri hanno spaccato la lavagna contro il muro, preso a calci le damigiane, ribaltato mobili. “ti sbatteremo in prigione!” urlavano trascinandomi in municipio. Mi hanno lasciata tutta la notte chiusa a chiave in una stanza spoglia. Appesa al muro c’era una foto di Mussolini (…). Appena mi assopivo entrava un carabiniere a sbattere un bastone sul tavolo per farmi svegliare. Mi puntava una lampada in faccia e mi ripeteva -Chi ti passa il materiale? Dove si nascondono gli altri maestri clandestini, di chi sono figli i bambini?”

La guerra incombe e genera conflitto anche negli animi di quelli che restano, imprigionati nella rete dei pensieri che vorticano tra scelte difficili: dar credito ai fascisti oppure al nazismo?

Meglio fuggire sulle cime delle montagne innevate, aggrapparsi al tempo trascorso e ai giorni ancora da venire, meglio attendere. Non sarà però la guerra a spazzare via la speranza di tornare alla vita di prima, bensì una diga, voluta per interessi di parte.

Una penna esperta quella di Marco Balzano che dà voce a personaggi indimenticabili, a Trina, soprattutto, donna forte e determinata, che ha ben chiaro che resistere è lottare coraggiosamente, aprirsi un varco dentro esperienze mai vissute, che reagisce, tra l’altro, alla fuga di una figlia con voluta accettazione, mai rassegnazione.

“Diventa una vertigine, il dolore. Qualcosa di familiare e nello stesso tempo clandestino, di cui non si parla mai. Tutti (…) proveremo ancora per anni a cercarti, ma ormai lo sappiamo che questo cercarti solitario è solo obbedire a una speranza che non sentiamo più di avere. No, non meriti di conoscere quei giorni di buio…”

Uno stile intimo, che cattura l’attenzione già dalle prime pagine, una storia di un passato non troppo lontano, che estende la propria eco all’attualità. Una scrittura semplice che piace proprio perché racconta senza retorica la precarietà di quegli anni, le contraddizioni anche in seno alle famiglie, il pensiero e le lotte di chi quel tempo lo ha attraversato e lo ha speso anche per noi.

Bellissimo, intenso, coinvolgente.

Resto qui

di Marco Balzano

Einaudi