Nessuna traccia della riconversione promessa, che prevedeva la riqualificazione e la promozione ad area archeologica dell’intera zona, ma invece un passaggio “dalla lavorazione dei rifiuti alla lavorazione dei rifiuti”. E’ questa la denuncia di Qre – Quartieri Riuniti in Evoluzione, in merito all’impianto di Rocca Cencia, dopo che l’Ama ha annunciato via social una riconversione che lascia in larga parte le cose come stanno.
All’annuncio del piano di conversione “ingenuamente pensavamo che dopo 50 anni i rifiuti non sarebbero entrati più nelle nostre terre e che l’inquinamento, la puzza, i disagi sarebbero finiti! La legge, i cittadini e i vincoli sarebbero finalmente stati rispettati”, spiega il direttivo di Qre in una nota.
“Invece no”, chiosa l’associazione, osservando che nei fatti ad essere chiuso sarà soltanto il TMB pubblico, che “non funzionava da anni, cadeva a pezzi”, mentre invece “continueranno a funzionare tutti gli altri macchinari Ama di trattamento dei rifiuti e, cosa peggiore, anche i siti industriali privati confinanti attratti in questo luogo proprio dai vantaggi di avere Ama a confine”.
A nulla solo quindi valse le promesse, rinnovate negli anni, di avvio di un vero piano di riqualificazione (qui un approfondimento sul tema), che sarebbe stato possibile avendo “il coraggio di inserire la chiusura di Ama a Rocca Cencia nel piano industriale”, elemento che avrebbe secondo Qre i privati a seguire l’abbandono dell’area, “perché quella zona è inadatta ad ospitare lavorazioni così impattanti per la vita dei cittadini, e prima o poi anche la magistratura aprirà gli occhi, si spera”.
L’associazione denuncia quindi che “si è fatta un’altra scelta contro i cittadini inermi: il centro industriale dei rifiuti resta e verrà potenziato. E’ facile prevedere che occorrerà una discarica di servizio in zona (Corcolle? Casape?), un centro di trattamento dell’organico (Colle Prenestino? Gallicano?), ampie zone di accumulo dei rifiuti trattati e per i quali non c’è mercato di vendita, e che neanche la Cina importa più: plastica, vetro, ecc… Dove pensano di stoccare le migliaia di tonnellate ‘lavorate’? Al peggio, purtroppo, non c’e’ mai fine”.