Alberi in arrivo a Lunghezzina Uno e Due? Non così, grazie. Ora anzitutto la seconda strada.

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L’intenzione del Municipio VI di piantare degli alberi sul terreno di “Lunghezzina C19” o su altri possibili terreni di questa parte del quartiere di Castelverde chiamata Lunghezzina Uno e Due (VI Municipio di Roma), pare non tenere in conto i problemi non più procrastinabili che negli anni scorsi, e fino ad oggi, associazioni e cittadini del quartiere hanno portato all’attenzione delle competenti istituzioni.

Lunghezzina Uno e Due è una realtà urbanistica nata all’inizio del Duemila, quando una serie di terreni agricoli di Castelverde (peraltro in piena zona archeologica connessa al vicino sito dell’antica Gabii) furono convertiti in zone edificabili. Nacque così una nuova zona di Castelverde, che negli anni sarebbe stata ben strutturata dal punto di vista urbanistico, con marciapiedi e illuminazione pubblica, dove avrebbero dovuto sorgere anche delle scuole. Inoltre il terreno “Lunghezzina C19” sarebbe dovuto diventare “area verde”. A fronte di queste belle intenzioni “su carta”, la realtà però è ben diversa.

La nuova zona di Castelverde che andava rapidamente crescendo sui terreni agricoli-archeologici aveva infatti una sola strada di accesso-uscita, sebbene i venditori di palazzine e appartamenti promettessero agli acquirenti che di lì “a breve” almeno una seconda strada di accesso-uscita sarebbe stata fatta; come pure il grande terreno “Lunghezzina C19” (dove il compianto archeologo Stefano Musco verso la fine degli anni Novanta portò alla luce importantissime testimonianze preistoriche, nonché molte memorie di epoca augustea) nel frattempo era diventato una specie di deposito a cielo aperto dove i costruttori di palazzine di Lunghezzina Uno e Due e altri soggetti ci buttavano scarti edili e altri materiali, inclusi molti elementi di cemento amianto.

Gli anni passavano, ma di seconda strada scuole e area verde manco l’ombra… Nel 2008 alcuni residenti della zona cercarono di coinvolgere le istituzioni e l’amministrazione municipale e comunale dell’epoca, ma non si andò oltre una “mozione municipale”, che auspicava la risoluzione dei problemi, cioè di quelle “belle intenzioni dichiarate” di cui è fatto il pavimento dell’inferno, come dice un proverbio brasiliano, ma nulla più. Nel 2010 i suddetti residenti iniziarono una libera associazione, Nuova Urbe, con l’intento di sollecitare gli uffici competenti ad occuparsi delle problematiche di Lunghezzina Uno e Due lasciate irrisolte, nonché a svolgere varie altre iniziative come giornate ecologiche e culturali; come pure chiese all’allora parroco di Castelverde don Patrizio Milano di adoperarsi presso il Vicariato di Roma affinché concedesse l’installazione di un prefabbricato, cosa che fu concessa e nacque così la chiesetta di San Francesco.

Un risultato importante fu la rimozione da parte di tecnici specializzati del Comune di Roma di tutti gli elementi in cemento amianto e contenitori di olii saturi-esausti abbandonati sul terreno “Lunghezzina C19”. Ma i tecnici dissero però che bisognava verificare il sottosuolo con dei carotaggi specifici, visto quanto e cosa avevano rimosso dal terreno. Andava verificato lo “stato di salute” del sottosuolo prima di farci qualsiasi cosa sopra, dissero.

Gli anni passarono e i sindaci pure. Dopo aver presentato al sindaco Alemanno una petizione con mille firme di residenti del quartiere, petizione che restò lettera morta, l’associazione presentò al suo successore sindaco Marino una seconda petizione, questa volta firmata da duemila cittadini, ma pure stavolta non si andò oltre i buoni propositi, quelli da libro Cuore. Grandi speranze suscitò la candidata a Sindaco di Roma Virginia Raggi, che in occasione della presentazione dell’ambizioso progetto del “Parco dell’Agro Romano e di Gabii” si impegnò con i rappresentanti dell’associazione ad affrontare e risolvere le gravi inadempienze: la nuova strada, il terreno da bonificare e convertire in parco urbano attrezzato, le scuole…

Ormai sono passati altri cinque anni. Ma a parte un po’ di segnaletica stradale e qualche toppa di buche (che puntualmente dopo ogni serio acquazzone si sfaldano) non si è visto altro. Ora si paventa la minaccia di queste piantumazioni di alberi, senza che sia stata effettuata la imprescindibile operazione di carotaggi del sottosuolo. Perchè? A quale scopo? E fare queste domande è “un vile attacco politico”? Tante volte in questo tempo si è cercato di interloquire con gli uffici preposti, di poter riparlare con la Sindaca, ma invano, Anzi, a volte per tutta risposta si sono avuti duri attacchi da parte di esponenti della sua maggioranza, come se ricordare i problemi del quartiere, ricordare le promesse fatte fosse stato un insulto, o peggio. Eppure, certe cose dovrebbero essere chiare a tutti, come quella che oggi Lunghezzina Uno e Due ospita circa seimila residenti-domiciliati, e tenere tutta questa gente con una sola strada di acceso-uscita significa perpetuare una grave e colpevole sottovalutazione di rischi tutt’altro che ipotetici. Come quando, e ogni tanto succede, il quartiere si paralizza a causa di qualche incidente sull’unica strada di collegamento col resto di Castelverde. In momenti così i residenti riscoprono d’improvviso la loro condizione simile a quella dei topi in trappola. Tutti bloccati senza vie d’uscita, chi doveva fare la spesa o andare al lavoro, prendere i bambini da scuola o andare in ospedale in ambulanza…

Antonio Cataldi