Il 10 Febbraio 1947 a Parigi le potenze “Alleate” (Stati Uniti, Unione Sovietica, Gran Bretagna e Francia) imposero all’Italia il cosiddetto “Trattato di Pace”, che in realtà avrebbe sancito anzitutto la perdita della sovranità nazionale italiana come pesante dazio da imputare alla rovinosa tentazione bellica perseguita da Mussolini. Inoltre avrebbe comportato la mutilazione di territori fino ad allora occupati prevalentemente da popolazioni di lingua e cultura italiana, anzitutto sul fronte orientale, con l’annessione alla Jugoslavia (allora retta da Josip Broz, alias Maresciallo Tito) dei circa ottomila chilometri quadrati della regione istriana-dalmata, e sul fronte occidentale con la confisca da parte della Francia di circa settecento chilometri quadrati di territori prevalentemente liguri e piemontesi. Il suddetto Trattato avrebbe altresì sancito la perdita di tutti i possedimenti coloniali italiani in Africa oltre che delle isole del mare Egeo sotto autorità italiana.
Nella nostra contemporaneità si ricordano più frequentemente gli espropri territoriali orientali, assai meno quelli subiti dall’Italia sul fronte occidentale, ad opera della Francia. Il fronte dei Paesi “Alleati” già nel 1943 aveva prefigurato un progetto di pesanti sanzioni da imporre ai Paesi che avevano provocato la seconda guerra mondiale (la Germania, l’Italia e il Giappone), sanzioni che avrebbero incluso anche delle mutilazioni territoriali. Sia la Gran Bretagna sia la Francia, che pure erano state tra le maggiori sponsor del regime mussoliniano nella fase complicata della sua ascesa, nel tempo se ne erano poi allontanate per loro calcoli e convenienze. Con l’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania, e soprattutto con l’occupazione italiana dei dipartimenti francesi della Savoia, delle Alte Alpi, delle Basse Alpi e delle Alpi Marittime, sancita dall’armistizio di Villa Incisa (di fatto imposto dalla Germania alla Francia) dopo appena due settimane di operazioni belliche, la Francia dovette cedere all’Italia la sua sovranità su quei territori. Ma appena le sorti del grande conflitto mondiale iniziarono a prendere decisamente una piega avversa per le “potenze dell’Asse”, appunto nel 1943, il generale De Gaulle lasciò intendere chiaramente agli Alleati che la Francia avrebbe dovuto vendicare l’aggressione subita da parte italiana, intendendo occupare a sua volta l’Italia nord occidentale, e cioè gran parte del Piemonte, la Liguria e la Valle d’Aosta. Tuttavia alla fine del conflitto, l’intenso “attivismo” militare e paramilitare francese scatenato da De Gaulle in tutto il nord Italia, dovette venire alla fine a più miti propositi per l’opposizione americana, che aveva un suo piano da realizzare non solo per l’Italia nord occidentale, ma per tutta la penisola… Pertanto l’intenso desiderio di rivalsa di De Gaulle alla fine dovette concretizzarsi “solo” su alcuni territori frontalieri piemontesi e liguri (i comuni di Briga, Tenda, e territori del comune di Airole, dotati di una rete di centrali idroelettriche alquanto importanti per l’approvvigionamento elettrico di gran parte dell’Italia nord occidentale, che passeranno quasi tutte alla Francia), nonché il valico alpino del Piccolo San Bernardo in Valle d’Aosta. Uno dei pretesti usati dal generale De Gaulle fu che da quelle parti si parlava francese, quando in realtà si trattava di un dialetto ligure-alpino. Tuttavia il generale riusci solo a progettare questa annessione in quanto la sua concretizzazione avverrà sotto il governo di Paul Ramadier nel Settembre del 1947. Anche su questo fronte occidentale si verificarono tristi cronache di sofferenze, soprusi ed abusi subiti dagli italiani, sebbene in entità ed intensità ben più contenute rispetto a quanto gli italiani avrebbero sofferto sul fronte orientale ad opera del Maresciallo Tito e dei suoi miliziani. Qui di seguito solo alcuni cenni.
La Valle Roia, dove si trovavano i comuni di Briga e Tenda, fu liberata dai partigiani della V Brigata “Garibaldi”-Nuvoloni, ma il 26-27 Aprile del 1945 il comando militare francese inviò un centinaio di soldati ausiliari algerini ad occupare Briga e Tenda. Al contempo ordinò ai partigiani italiani di consegnare le loro armi, di rimuovere tutte le bandire italiane dagli edifici pubblici e dai monumenti, nonché di abbandonare entro sei ore tutto il territorio che avevano liberato dai nazi-fascisti. Il 28 il comando francese trasportò da Nizza numerose famiglie francesi, alle quali furono consegnati pacchi alimentari, foto del generale De Gaulle e tricolori francesi da esporre da balconi e finestre. L’indomani gli abitanti di Briga e Tenda videro i loro paesi tappezzati di manifesti in francese inneggianti alla Francia, e gli veniva reso noto che le amministrazioni comunali italiane dei due paesi erano decadute. Il 29 Aprile il comando francese fece svolgere un plebiscito-farsa per formalizzare l’annessione dei due comuni italiani.
Gli abitanti potevano votare solamente per l’annessione alla Francia o per l’astensione, senza possibilità di esprimere la volontà di restare con l’Italia. Inoltre a chi si rifiutava di recarsi al voto veniva confiscata la carta annonaria necessaria per ricevere alimenti. La lingua italiana fu proibita nelle scuole, il parroco di Tenda che si era rifiutato di celebrare la Messa in francese fu espulso immediatamente dal paese. Il 6 Maggio fu imposta l’amministrazione francese, che inoltre procedette all’occupazione delle centrali elettriche di San Dalmazzo, Paganin e Piena, quest’ultima distrutta dai soldati tedeschi in ritirata nel Maggio 1945. Praticamente le maggiori centrali idroelettriche della Val Roia, che dal 1914 fornivano energia elettrica a quasi tutto il sistema ferroviario ligure, nonché a gran parte delle industrie dell’Italia nord occidentale, tra cui i complessi siderurgici di Genova e Saronno, i cantieri navali di La Spezia, fino agli stabilimenti chimici di Montecatini, furono sequestrate e fatte proprie dai francesi.
Solo dopo un complesso negoziato internazionale sulla regolamentazione delle acque del fiume Roia l’Italia riuscì a mantenere le centrali più piccole di Airole e Bevera, con una produzione di energia elettrica piuttosto modesta, che fino ad oggi non copre neppure il fabbisogno totale della provincia di Imperia… Inoltre il sistema di fortificazioni militari italiane a ridosso del confine con la Francia doveva essere totalmente smantellato, all’Italia non sarebbe stato permesso difendersi militarmente sul fronte occidentale. Anche parte dei comuni e i territori di Valdieri e Olivetta San Michele furono occupati dalla Francia.
Dunque questa campagna francese di annessione di territori italiani di confine non solo avrebbe comportato l’acquisizione dei suddetti comuni e relativi territori, nonché degli importanti fiumi Var e Roia e le centrali idroelettriche ad essi connesse, che avrebbero certamente contribuito alla ricostruzione del tessuto economico francese gravemente compromesso dalla guerra. Ma queste occupazioni territoriali ai danni dell’Italia avrebbero avuto altresì un chiaro carattere simbolico-riparatore agli occhi di buona parte dell’opinione pubblica francese, che assai male aveva digerito l’aggressione mussoliniana-fascista. Inoltre, sul più vasto orizzonte della France d’outre mer et coloniale questa campagna di annessione territoriale sarebbe servita come monito ai popoli ancora sotto il giogo coloniale di Parigi: l’onta dell’occupazione nazista era stata vinta, la Francia era più viva che mai. In realtà, nel giro di pochi anni quei popoli maghrebini e nero-africani che tanto avevano contribuito in termini di soldati ausiliari andati a combattere e morire sui fronti europei pour la France, avrebbero chiesto alla potenza coloniale d’oltralpe di saldare i conti con la Storia. Ma questa è un’altra storia…