Entro 30 anni, secondo l’Onu, l’87% della vita si svolgerà nei centri urbani. Uno stratega della geopolitica come l’indiano Parag Khanna immagina la “rinascita delle città-stato quale soluzione ai problemi di dimensione dell’autorità e della rappresentanza. Le città competeranno sempre più in attrattività, parola chiave del domani che si traduce non soltanto in più beni e servizi ma anche in più richiamo di risorse umane e finanziarie, sviluppo più equilibrato del territorio, migliori condizioni di vita”
Il centro studi romano ha così misurato la competitività della capitale d’Italia nel contesto europeo, su un ventaglio di 274 aree metropolitane e su uno più ristretto di 44 città con più di un milione e mezzo di abitanti, basandosi su sei parametri, uno generale (diciamo riassuntivo) e cinque specifici: capacità innovativa, turismo, mercato abitativo, demografia, sviluppo economico. Il risultato, pur prevedibile, è sconcertante: Roma è quasi sempre in coda alle graduatorie, come nel turismo è solo decima su 44, guardata dall’alto da Barcellona e Madrid, Parigi e Londra ma anche dalle grandi città scandinave. Nella classifica generale di competitività, guidata da una Londra ovviamente pre-Brexit e poi da Monaco e Stoccolma, Roma è 34 esima sulle 44 maggiori, 10 gradini sotto Milano, che si conferma nostra sola area metropolitana in grado di gareggiare, sia pure con qualche fatica, nel continente.