Allattare è uno dei gesti più significativi della relazione madre-bambino, allattare non è solo nutrimento, è sicurezza, è calore, è comunicazione. Ciò che ci si augura per tutte le madri è che riescano ad allattare il proprio bambino attaccandolo al seno senza dover ricorrere al latte artificiale. Questo non solo per il significato simbolico dell’allattamento ma soprattutto perché il latte materno è l’alimento più indicato, l’alimento perfetto per il neonato. L’organizzazione mondiale della sanità infatti consiglia l’allattamento esclusivo al seno fino ai sei mesi ma incoraggia le mamme ad allattare fino a due anni.
Ma qual è il significato psicologico dell’allattamento?
Come già specificato allattare non vuol dire solo nutrire ma anche accogliere, diffondere sicurezza, relazionarsi. Il neonato nei primi mesi di vita fa esperienza del mondo grazie alla madre, questo vuol dire che è grazie alla qualità delle interazioni che sviluppa con lei che sperimenterà il mondo come piacevole o frustrante. L’alternarsi delle esperienze che si muovono lungo i due poli (piacere frustrazione) creerà una sorta di impronta psicologica nel neonato, un filtro attraverso cui percepirà il mondo, gli altri e sé stesso. Grazie all’allattamento quindi, il bambino entra in relazione con la mamma, comunica con essa e stabilisce quelle che vengono definite da Stern “Sintonizzazioni Materne”; attraverso queste madre e figlio creano un loro unico modo di interagire.
Quando il bambino ha fame inizia a dare i primi segnali girando la testa, aprendo la bocca o cercando di succhiare qualche oggetto e alla fine piange, questo pianto è un richiamo, una richiesta di aiuto per soddisfare il suo bisogno primario di nutrirsi, ricordiamoci che il bambino non può parlare ed utilizza appunto il pianto per comunicare. Quando la madre risponde dando il seno o il biberon, il bambino si sente ascoltato, sente di avere un impatto sul mondo, di meritare l’attenzione di qualcuno per soddisfare i suoi bisogni e soprattutto inizia a fidarsi della propria mamma. Questo senso di fiducia gli permetterà di sviluppare un’immagine positiva del mondo. Da qui si intuisce come spesso i neonati oltre che di nutrimento hanno bisogno di affetto, di sentirsi amati, al sicuro. Questo intendeva Bowlby quando parlava di “Bisogno di Attaccamento”, inteso proprio come il bisogno primario di essere “attaccato” fisicamente alla madre per garantirsi la sopravvivenza; questo bisogno è al pari di qualsiasi altro bisogno primario come mangiare, bere e dormire. Uno studio condotto sui primati ha rivelato che cuccioli di scimmie preferiscono vivere in una gabbia con una finta mamma di stoffa piuttosto che vivere con una mamma di ferro da cui usciva latte, questo a dimostrazione del fatto che sentirsi protetti, avvolti da qualcosa di caldo (che affettivamente è più sicuro di qualcosa di freddo) è importante quanto mangiare.
Allattare a richiesta quindi, vuol dire permettere al proprio bambino di sentirsi accolto non solo quando ha fame, ma anche quando ha bisogno di contatto, di calore, quando ha bisogno di sentirsi amato, spesso i neonati richiedono il seno anche perché si sentono soli una volta usciti dalla pancia della mamma. Soprattutto le prime settimane, bisogna immaginare cosa vuol dire per un neonato provare la sensazione di avere fame, i crampi allo stomaco spesso possono anche spaventarlo e farlo sentire inadeguato.
Detto questo va precisato che dal punto di vista psicologico rispondere in modo anticipatorio alle richieste del bambino potrebbe dargli una visione distorta di ciò che è il mondo e la vita. Ricevere il seno ancor prima di dare segnali di fame e riceverlo sempre può confondere, se ad esempio il bimbo piange perché è sporco il seno sarà una magra (se pur sempre gradita) consolazione. Inoltre dopo i primi mesi, se il bambino fa un’adeguata esperienza di frustrazione, intesa come dover gestire per poco tempo (anche pochi secondi) la sensazione di fame, o dover far capire alla mamma che ha bisogno di nutrirsi e non ad esempio di essere cambiato, questo inizierà a sviluppare la capacità di gestire la frustrazione e il senso di agentività, ovvero la sensazione di poter agire sul mondo per produrre determinati risultati. Questo funziona ancora di più se la mamma comprende il motivo del pianto e risponde in modo adeguato, sintonizzandosi cioè con i bisogni del figlio. Ovviamente con questo non si intende dire che il bambino deve piangere, ma che quando si ritrova a farlo per poco tempo in situazioni del tutto normali non c’è da allarmarsi, anzi può aiutarlo a sviluppare il senso di autoefficacia.
In conclusione quindi è possibile affermare che l’allattamento è uno dei momenti fondamentali della vita del neonato, non solo per la crescita fisica ma anche per quella psicologica. Allattare include uno scambio di nutrienti ma anche di sentimenti. Allattare quando il bambino ha bisogno non solo di cibo ma anche di sentirsi protetto e amato vuol dire gettare le basi che gli permetteranno di sviluppare fiducia in sé stesso e negli altri.