“Che ne dici di una partita di beach volley?”. “Di pallavolo, vorrai dire, siamo a Roma, mica al mare”. “No, dico proprio di beach volley, non sai che Roma si sta riempiendo di strutture coperte per praticare beach volley anche nel periodo invernale?”.
E’ cominciata così, tra l’incredulità e lo scetticismo, la mia avventura nel mondo del beach volley, grazie alla propositività di un’amica meglio informata di me.
Era il Settembre del 2014 e ancora non immaginavo quanto questo sport, allora così poco conosciuto, avrebbe inciso sulla mia vita, e quante vite gli avrei visto cambiare praticandolo.
La capitale si stava popolando di strutture permanenti (poche) o provvisorie (tante), dotate di coperture mobili pressostatiche, ovvero senza una struttura portante rigida, in quanto sostenute dalla sovrappressione atmosferica creata nell’ambiente interno da appositi motori.
E’ bene premettere, per onestà verso il lettore, che si tratta di uno sport economicamente “povero”, se non poverissimo; chi ha intenzione di intraprendere una disciplina sportiva per farne un mezzo di sostentamento, è chiaro, deve guardare altrove, magari alla “sorella maggiore” pallavolo, meglio ancora al calcio.
Qualsiasi principiante si rende conto immediatamente di questo, vedendo anche gli atleti italiani più titolati partecipare ai tornei della Domenica sul litorale Romano, spesso privi di montepremi, per il solo gusto di giocare. Eppure chi muove i primi passi in questo sport difficilmente torna indietro, né si lascia scoraggiare dalle prospettive di guadagno, poche o nulle. Viene quindi da chiedersi quale sia l’alchimia, la combinazione di fattori che lo sta facendo decollare.
In primo luogo, non si può non tenere presente il merito dei due olimpionici italiani, Daniele Lupo e Paolo Nicolai, che alle Olimpiadi di Rio 2016 hanno vinto la medaglia d’argento, dando certo un grande impulso a tutto il movimento.
Ma c’è di più. La vera magia si cela dietro al fatto che è uno sport in cui il divertimento è assicurato anche in allenamento. Le partite, almeno nel periodo Marzo-Ottobre e sul litorale laziale, non si giocano in palestre o palazzetti, ma per lo più al mare; chi vince ne esce contento, chi perde, abbronzato e disteso dopo una giornata di sole, anche.
E forse parte della “magia” sta proprio nella “povertà” di questo sport: osservare principianti allenarsi, giocare, sudare accanto ad atleti di livello mondiale, che non disdegnano di partecipare persino a tornei amatoriali pur di tenersi allenati, è certo qualcosa di unico e irripetibile nel mondo dello sport.
Accade così di vedere affiancati campioni di livello internazionale, ragazzi promettenti, professionisti come ingegneri e avvocati che non hanno mai praticato sport ma che, già dal primo contatto con la sabbia, hanno capito che sarebbe diventata “ la loro droga”.
Un contributo decisivo alla crescente affermazione del beach volley proviene, sicuramente, anche dalla facilità di praticarlo. A differenza della pallavolo, infatti, non si gioca sei contro sei, bensì due contro due: mettere d’accordo 10-12 persone, che magari lavorano a tempo pieno, si sa, è quantomeno complesso, persino se si tratta di fare una partita dello sport più nazional popolare, il calcetto. Mettere d’accordo 4 persone è senz’altro molto più semplice e immediato.
Per queste, e per molte altre ragioni, Roma si sta lentamente popolando di strutture pensate ad Hoc per il beach volley, e non rimediate casualmente in spazi e campi abbandonati dagli sport “più ricchi”.
Purtroppo il Municipio VI è in notevole ritardo rispetto agli altri nella diffusione di questo sport. C’è da augurarsi che si colmi presto questo gap, con la realizzazione di strutture che possano portare le stesse ricadute virtuose riscontrate in territori vicini e, urbanisticamente, molto simili; si pensi all’esempio virtuoso del “Palabolla” di Tor Sapienza, una struttura con quattro campi da beach volley coperti da pallone pressostatico in viale Giorgio De Chirico, che sta rappresentando un vero e proprio strumento di aggregazione, coesione, riqualificazione, andando ben oltre, quindi, il mero interesse sportivo.
In altre parole, un lancio (di pallone) per un rilancio (di un intero Municipio); non sarà sufficiente a sistemare tutti i problemi, le contraddizioni, le mancanze di uno dei Municipi più complessi e articolati della Capitale, ma sarà senz’altro un buon punto di partenza.
(Fotografia tratta da un torneo organizzatto da Royal Beach Volley)