Vademecum per diventare una “Shirazi”

Questo vademecum è basato quasi esclusivamente sulla città di Shiraz, partendo dal presupposto che come tutte le città dell'Iran sono una realtà a sé, anche le persone che le vivono sono profondamente diverse, con credenze e convinzioni che seguono modalità estremamente variabili.

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U.S. Air Force photo by SSgt. Derrick C. Goode)(Released)

Questo vademecum non vuole essere una guida seria per riuscire a passare per un’iraniana, anche perché la totale ignoranza della lingua locale potrebbe facilmente smascherare chiunque; piuttosto, risulta essere il frutto delle riflessioni dell’autrice dopo due lunghi ed emozionanti viaggi a Shiraz. Per scoprire un mondo completamente diverso come può esserlo quello iraniano occorrerebbe un’altra vita, anche solo per gustare una letteratura, una storia, un’arte, un linguaggio a tratti così differenti eppure così simili a quelli a cui siamo più abituati. Questo nuovo mondo, così variegato, sfaccettato e intrigante, costituisce una meravigliosa scoperta, quando osservato con occhi curiosi e scevri da pregiudizi e critiche.

Purtroppo, spesso è più semplice prendere le distanze da ciò che viene considerato diverso, percependo la diversità come un attacco alla propria identità culturale, invece di accoglierla come un arricchimento, un’ulteriore conoscenza del fantastico e poliedrico mondo che ci accoglie, tutti.

Il viaggio si trasforma, dunque, in un’occasione per apprendere, attraverso l’esperienza, il più possibile su nuove e sconosciute realtà; raccontare e far apprezzare scene, fatti, eventi e curiosità diventa quasi un obbligatorio passaggio di testimone, volto ad aprire nuovi, immensi e avventurosi orizzonti.

 

Gli occhi neri delle donne di Shiraz – chiamate Shirazi – sono decantati dai versi dei poeti tanto da divenire ormai proverbiali, perciò è buona norma munirsi di occhiali da sole se i vostri occhi non raggiungono la profondità di quelli delle donne che vi circondano. Per quanto riguarda i capelli, invece, è sufficiente una buona ricrescita scura per passare inosservata tra le varie finte bionde che solcano i viali alberati di questa città.

L’abbigliamento, in Iran, è fondamentale. In tutti i paesi non islamici è credenza comune che il dover coprire il proprio corpo coincida necessariamente con il sembrare un fagotto informe. Niente di più sbagliato. Alcune iraniane decidono, per una propria scelta di fede che costituisce una componente indispensabile al concetto di libero arbitrio, di indossare lo chador, spesso di colore nero, parola persiana che significa “mantello, tenda”. Altre, invece, amano adornarsi con tuniche lunghe fino a metà coscia, con strati di vestiti sovrapposti che esaltino una tale ricchezza di colori eguagliabile solamente dai meravigliosi giochi di luci della moschea di Nazir al-Molk. Passeggiare per le strade di Shiraz può far scoprire un’atmosfera non molto dissimile da quella degli Champs Élysées, soprattutto considerando il fatto che i frutti del lavoro sartoriale non costano molto, e gran parte dei vestiti sono cuciti su misura.

Sarete sorpresi delle quantità di sopracciglia tatuate, delle labbra colorate con rossetti di tonalità mattone, degli occhi sottolineati con una spessa riga di eye-liner. Il viso è la parte del corpo sempre scoperta e le donne iraniane ci tengono molto a renderlo piacevole ai propri occhi e, perché no, a quelli di un osservatore esterno. Su questa scia si potrebbe accennare all’altissimo tasso di chirurgia plastica effettuata in Iran. La rinoplastica è richiesta da ambo i sessi, e non è assolutamente raro incontrare volti che portano orgogliosamente dei cerotti ai lati del naso, a testimonio di un’operazione da poco effettuata.

Un particolare fondamentale che potrebbe svelare un’origine chiaramente occidentale è la naturalezza con la quale si indossa il velo. Le ragazze nate dopo l’avvento della Repubblica Islamica sono cresciute fin dalla pubertà indossando uno scialle o, negli eventi pubblici o durante le ore lavorative, il maqnaeh, una sorta di “sacchetto senza fondo” che permette lo svolgimento di qualsiasi azione senza il rischio di scoprire i capelli. Qualunque cosa indossiate, una cosa fondamentale, da ripetersi come un mantra è la seguente: il velo è un’estensione del corpo. Indossare una borsa e sistemarla sulla spalla è ormai un gesto naturale, che non occorre alcun impegno. Sistemarsi il velo come un’iraniana significa riuscire a non avere quasi coscienza del gesto, senza sbuffare come una locomotiva ottocentesca mentre i tentativi di sistemare lo scialle danno vita ad una serie di gesti inconsulti.

La donna iraniana è capace di preparare in poche ore un pranzo luculliano sufficiente per un esercito, di cucinare la carne in modo tale che si possa tagliare con un cucchiaio – è rarissimo trovare coltelli nelle tavole iraniane –, di leggere con voce impostata una poesia di Hafez o di Khayyam con la maestria di un attore professionista e di destreggiarsi con la propria macchina nel traffico pazzesco creato dai tre milioni abitanti di Shiraz, tutti completamente incuranti del codice stradale. Riuscirete a farvi scambiare per una Shirazi?