Immaginare un nuovo spazio-tempo dedicato alla danza contemporanea al centro di Roma. Nasce con questo obiettivo la seconda edizione della rassegna di danza “Nel Blu”, curata da Chiara Marianetti, che andrà in scena dal 29 al 31 maggio al TeatroBasilica, in collaborazione con il Gruppo della Creta. L’intento è quello di coinvolgere artisti che privilegino un rapporto vivo con il luogo che li ospita, una prossimità con il pubblico e la volontà di compromettersi con il presente sia nella loro ricerca coreografica sia nella scelta delle tematiche che portano in scena. Di stagione in stagione il TeatroBasilica vuole definirsi sempre più come uno spazio ibrido e multidisciplinare, nella convinzione che il contemporaneo non sia uno stile, ma un’attitudine nei confronti dell’arte e della realtà, che permette di superare i confini e le categorie.
Il programma delle tre giornate prevede il 29 maggio alle ore 21:00, “All About Adam”, con la regia di Giuliano Scarpinato, con Cristian Cucco, produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale – focus CARNE, in collaborazione con Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse, curatela e diffusione all’estero Natascia Sollecito Mascetti. Un uomo come tanti, vestito di un completo nero, danza su un cumulo di ceneri e macerie. Sono forse le sue, quelle di chi lo ha preceduto e si è estinto, quelle di una civiltà. Di lui non sappiamo nulla: come sia giunto su quel pezzo di crosta terrestre, se vi sia stato precipitato. Quell’uomo cerca una strada, una direzione, un orientamento: lo fa circondato da una quantità di voci, parole che impregnano l’aria affastellandosi, ripetendosi ossessivamente. Sembrano provenire da un vecchio televisore sfasciato, prodotte da uno zapping impazzito. Tra crolli e risalite, scosse e sospensioni, quell’uomo cerca una nuova strada, la sua. E una luce, a illuminarla.
Il 30 maggio ore 21:00 andrà in scena “Soggetto senza Titolo” di Olimpia Fortuni, interprete e coreografa Olimpia Fortuni. Produzione Associazione Sosta Palmizi con il sostegno di MiBACT, Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo/Direzione generale per lo spettacolo dal vivo, Regione Toscana/Sistema Regionale dello Spettacolo. “Soggetto senza Titolo” è un viaggio. Il viaggio del corpo alla ricerca dell’uomo. Lo spettacolo nato nel 2016 conserva il suo messaggio ancora attuale e capace di entrare in dialogo con la contemporaneità. E’ un flusso di coscienza traslato in un corpo che muta il suo stato materico e snoda il suo viaggio in tre movimenti (presente, passato, futuro), dove l’irreale si fonde con il reale, in una dimensione onirica del tempo, in un dialogo intimo e, ugualmente, aperto, con chi si affaccia ad offrire il suo sguardo. La materia corporale si espone ad una metamorfosi continua che si evolve e si trasforma. Senza una forma, né un nome, che possa limitarla. Come una macchia d’inchiostro, che si espande senza un contenitore, prova a cercare una verità. Va giù dove è più buio per toccare la sua pelle dal di dentro e lì trovare l’essenza, la radice del suo essere…vivente.
Il 31 maggio alle ore 21:00 (sono due studi) ci saranno “Quasi caduta” e “Calcinacci”, di Claudio Larena. “Quasi caduta” vede come cast: Claudio Larena, Giulia Cannas, Elisa Quadrana. Il progetto è nato nell’estate del 2022 durante un periodo di ricerca che si è svolto presso il Teatro Dimora di Mondaino e Corte Ospitale. E’ una performance che nasce da un’indagine attorno al gesto della spinta, inteso come gesto multivalente in termini relazionali, individuali e fisici. L’intenzione è indagare i diversi significati che questo gesto porta con sé, racchiudendoli, mostrandoli e trasformandoli attraverso la ripetizione di una dinamica. Andando così a comporre un meccanismo di corpi spinti e spingenti, una macchina umana fatta di azioni e reazioni, in cui l’intenzione all’origine del gesto si perde e si confonde tra i diversi momenti di questo dialogo fisico.
“Calcinacci” è di e con Claudio Larena. Invita a riflettere su un atteggiamento abbastanza diffuso. Quante volte ci ritroviamo a spingere, spronare, incitare qualcosa o qualcuno, convinti che la messa in atto dell’azione che stiamo fomentando implichi un divertimento, senza renderci conto che invece, stiamo esercitando delle piccole, medie o grandi violenze? In scena un muro e un operaio. Lo vediamo solo, in perenne dialogo con il muro e con la materia che andrà a rivestirlo. Lo vediamo vigile, rispettare delle regole che si tramutano in gesti e in azioni, in partiture meccaniche che non possono avvenire se non in quel quadrato di telo protettivo posto davanti alla parete. Il muro è uno specchio che non riflette, è una possibilità, non è un limite, è un lavoro e una relazione concreta che non può mutare. Davanti a lui l’operaio che vediamo lavorare in modo asettico e preciso e che appena si stacca dal muro o si volta dandogli le spalle pronto a raccontarsi, si pietrifica, mette tutto in discussione, si contraddice, ha paura di definirsi felice e risolto. Le regole fondamentali di questa pratica artigianale si fanno quindi espediente coreografico, compositivo e drammaturgico. La costruzione narrativa si affida alla concretezza del gesto e del suo intento, che ripetendosi, si astrae e si sospende. Il gesto diventa quindi simbolo di una relazione complessa e contradditoria, il muro si fa metafora della costruzione del sé e del proprio ruolo all’interno della società, una costruzione di cui a volte andiamo fieri e che in altri momenti ci sembra impossibile da portare a termine. Il muro è uno specchio che non riflette, è una possibilità, non è un limite, è un lavoro e una relazione concreta che non può mutare. Tutto gira attorno al muro, senza di questo, non esisterebbe tutto il resto.