Continuano gli interventi integrati messi in atto da Roma Capitale per il superamento, fino alla graduale chiusura, dei campi rom presenti sul territorio capitolino. Presso La Barbuta all’inizio del percorso, a febbraio 2018, erano presenti 656. Oggi sono 191 divise in 53 nuclei. Sono stati siglati 37 patti di responsabilità e sono in molti ad aver seguito corsi di formazione e tirocini. Sono 18 le persone avviate ad attività di piccola impresa di raccolta di materiali ferrosi e 15 quelle inserite in percorsi lavorativi. 37 hanno avuto accesso ad una casa.
Le attività proseguono anche nel campo Monachina, dove sono uscite 54 persone contro le 56 ancora presenti e sono stati effettuati 1200 colloqui, e in quello di Castel Romano dove da giugno 2020 sono stati siglati 15 patti di responsabilità. L’Amministrazione ha garantito il superamento e la chiusura anche di Camping River, di Schiavonetti e Foro Italico.
Monica Rossi, delegata della Sindaca per l’inclusione, ha commentato “Per anni l’approccio ai campi rom ha patito un taglio ‘esclusivo’, nel senso che venivano adottate politiche e interventi validi solo ed esclusivamente per i campi rom e che impedivano ogni azione inclusiva e volta a integrare. Ciò ha determinato la creazione di autentici ghetti, vere e proprie zone franche del tutto immuni rispetto alle leggi valide nel resto della società. L’effetto è stato una costante privazione dei diritti basilari, in particolare per i soggetti più deboli come donne e bambini. Allo stesso tempo i campi si sono affermati come focolai di delinquenza e criminalità, con gravi ripercussioni per i cittadini che abitano nelle aree limitrofe. In questo quadro la popolazione all’interno dei campi veniva completamente deresponsabilizzata, mai coinvolta nei percorsi che li riguardava, contribuendo fortemente a farla sentire un corpo estraneo alla società. Una modalità che abbiamo capovolto radicalmente, a partire da una mappatura sociale minuziosa dei campi”.