La gestione della emergenza ed urgenza, sia a livello territoriale che in ambito ospedaliero, rappresenta attualmente la vera sfida del SSN (Sistema Sanitario nazionale) italiano insieme a quella delle policronicità e dell’invecchiamento della popolazione. Gli episodi di cd “malasanità” insieme alle lunghissime attese estenuanti ed allo scoramento dei nostri anziani nei nostri Pronto Soccorsi stanno su tutte le pagine dei giornali quotidianamente, unitamente alle frequenti aggressioni del personale sanitario. E ciò è un indice di crescente disagio sociale.
Purtroppo, ogni tentativo legislativo fin qui fatto per migliorare la situazione – soprattutto nelle grandi città metropolitane – è finito in un insuccesso palese e avvilente. Uno dei motivi meno affrontati di questa dinamica sfavorevole nella gestione delle emergenze è sicuramente il tema della cd “continuità assistenziale e presa in carico del paziente”.
Infatti, il cittadino che oggi diventa “paziente in condizioni di urgenza” attraversa normativamente e contrattualmente tre realta’ amministrative molto differenti all’ interno del SSN. La prima è il territorio (medicina di famiglia e soprattutto guardia medica notturna e festiva): esso è in capo alla Asl. La seconda è l’ambulanza del 118 (con o senza medico a bordo) che veicola il paziente all’ ospedale: questa attività è in capo ad un’azienda autonoma che nel Lazio è ARES 118. La terza ed ultima è rappresentata dal Pronto Soccorso (PS) o Dipartimento di Emergenza ed Accettazione (DEA) che è fisicamente sito dentro un Ospedale o un Policlinico Universitario ed ha le sue appendici pertinenziali nelle cd “astanterie” o “osservazioni brevi intensive”: esso fa spesso riferimento ad un’azienda autonoma ospedaliera o universitaria (anche se non sempre).
Quindi, attualmente in Italia il paziente urgente attraversa tre differenti Aziende provate nel suo percorso verso il ricovero ospedaliero e/o la sala operatoria, cioè verso la sua cura e guarigione e nel suo percorso egli non viene quindi mai gestito unitariamente, né dal punto di vista amministrativo ed economico-finanziario, né dal punto di vista clinico-assistenziale, né dal punto di vista del suo report informatico e del flussi di dati: infatti, solo il Pronto Soccorso/DEA delle strutture pubbliche o private accreditate nel Lazio ha una sua cartella clinica informatizzata unitaria (detta GIPSE) e tutto il resto del sistema non è quasi mai informatizzato unitariamente né a monte, né durante il trasporto né a valle.
La proposta è quindi innovativa ed è quella di distaccare non fisicamente, ma amministrativamente e soprattutto dal punto di vista clinico funzionale, le strutture di Pronto Soccorso/DEA(con le loro strutture di Astanteria e di Osservazione Breve Intensiva) che sono insite dentro gli Ospedali/Policlinici: distaccarle e fonderle amministrativamente con le Aziende ARES 118 ed Asl del territorio in modo da uniformare e dare continuità clinico-assistenziale ed amministrativa-economica-finanziaria a questa nuova grande e completa realtà aziendale.Tale nuova realtà aziendale, avrebbe l’onere d’ intesa con la Regione Lazio di gestire gli spazi a lei assegnati dentro gli Ospedali/Policlinici e di rendicontarli ed in questo modo, per esempio non si verificherebbe il frequente negativo travaso di professionalità mediche ed infermieristiche dal Pronto Soccorso/DEA ai comodi reparti di degenza ed ambulatori ospedalieri con conseguente impoverimento della pianta organica degli stessi Pronto Soccorsi/DEA. Inoltre, il flusso del paziente sarebbe gestito informaticamente in maniera continua ed il medico di famiglia oppure la guardia medica avrebbe gli stessi terminali e strumenti informatici (intranet su cloud allo stesso modo di quello che già succede oggi per INPS) del medico di Pronto Soccorso/DEA e del medico dell’ambulanza del 118.Tutto il sistema sarebbe, quindi, uniformato e standardizzato(spazi fisici, procedure, farmaci, personale medico ed infermieristico, personale amministrativo e tecnico) ed il controllo di gestione avverrebbe con maggiore fluidità. Inoltre, un altro vantaggio enorme sarebbe quello di poter eliminare in questo modo amministrativamente i paletti che impediscono lo spostamento del personale sanitario da un settore all’altro del sistema della emergenza: con l’obiettivo di dare i giusti riposi e rotazioni e di mantenere ed incrementare le professionalità.
Ovviamente, per attuare questa proposta innovativa oltre che ad una iniziativa legislativa è necessario disporre dell’obbligatorio parere favorevole della Conferenza Stato Regioni – dato il federalismo sanitario vigente – e di individuare due o tre Regioni pilota dove cominciare ad attuarla sperimentalmente.
Questa proposta non è la panacea assoluta del disastro della attuale gestione della emergenza – urgenza italiana: ci sarebbe anche da strutturare meglio i percorsi fast track, gli accessi inappropriati e la compartecipazione del cittadino. Ci sarebbe da indennizzare e remunerare meglio i nostri operatori sanitari che lavorano con dura fatica in questo settore pericoloso e faticoso.Tuttavia, sarebbe una luce nuova nella attuale tenebra vischiosa dei nostri Pronto Soccorsi italiani delle città metropolitane. Sicuramente da provare almeno.
Dott. Francesco Russo
Medico-Chirurgo
Ricercatore Dipartimento di Chirurgia
Università di Roma Tor Vergata