V Puntata inedita – Una giornata non ordinaria

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Max

Quando mi sveglio sento la stanchezza invadere il mio corpo. Ogni traccia della sensazione di benessere provata ieri sera è svanita. Al suo posto il solito magone, la stessa impressione che mi stia sfuggendo qualcosa e che la vita non abbia nulla da dirmi. Sbatto la porta di casa con forza e do un pugno alla portiera della macchina. Credo che prendersela con degli oggetti inanimati sia come toccare il fondo, ma non riesco a controllare le mie risposte emotive, soprattutto quando sono in queste condizioni.

Entro in auto e metto musica malinconica, l’unica che riesco ad ascoltare e l’unica che mi fa sprofondare negli abissi della mia anima. Mi perdo dentro me stesso durante il viaggio. Le strade illuminate dalla luce dell’alba si colorano ai miei occhi di tinte opache. Gli sguardi delle persone che camminano sui marciapiedi sono vuoti. Il loro passo è lento e sfiduciato. La loro energia succhiata via da una società che ci ha reso schiavi di un sistema costruito da entità sconosciute. Siamo spettri che abitano questo mondo. Gli alberi delle strade di periferia diventano figure sottili e spoglie sotto un cielo che da azzurro si colora di un blu intenso ed infine di nero. Sembrano dei portali per un altro mondo, una realtà che non percepisco. Sto diventando matto? Non è da escludere.

Finalmente arrivo sul posto di lavoro e parcheggio. Il mio primo trip mentale è finito. Ora è giunto il momento di entrare e trascorrere la solita noiosa giornata. Prima di varcare la soglia di ingresso, alzo lo sguardo verso il simbolo della TAU, Tecnologie per l’Aerospazio e l’Universo, la società dove lavoro, nonché l’azienda più importante del settore nel nostro paese e con molta probabilità nel mondo. Il sogno di ogni ingegnere. Ho lottato per entrarci e per raggiungere il mio obiettivo, per rendermi conto infine che era tutta una finzione. Non mi piace il lavoro che faccio, eppure per molti ho raggiunto il massimo a cui potevo ambire. Mi chiedo spesso cosa siano i sogni e gli obiettivi ad essi associati. Sono reali o sono solo frutto della nostra fantasia? Le persone lottano ogni giorno per raggiungerli ma, ammesso che riescano nel loro intento, successivamente si sentono perse e vuote. Dall’entusiasmo passano all’apatia, e l’unica cosa che riescono a fare è lottare per qualcos’altro, un nuovo sogno o un nuovo obiettivo. Ritrovare uno stimolo, qualcosa che le faccia sentire vive, in un loop continuo che li porta a vivere alternando entusiasmo e sofferenza i pochi giorni a loro concessi su questo buco dell’universo. Sono nostri i sogni, o in via indiretta ci vengono installati nella mente dalla società? Molti dicono che hanno sentito il loro scopo, che sono entrati in contatto con loro stessi, come una sorta di vocazione. Ma siamo sicuri che anche il sentire non dipenda dai paletti e dai limiti della società in cui viviamo? Siamo sicuri che il sentire sia qualcosa di incontaminato da tutto il resto? Siamo sicuri che la risposta dentro di noi sia giusta? Cazzo Max, basta! Devo entrare, altrimenti faccio tardi. A cosa pensano le persone normali? Vorrei avere la stessa euforia e serenità di Alicia.

Finisce il mio secondo trip mentale e, mentre cammino verso l’ufficio, sento toccarmi la spalla. Mi giro di scatto e vedo Stephen. Il mio capo, una delle poche persone con cui riesco a parlare.

“Ciao Max, ti vedo teso, stai bene?” chiede.

“Ciao Stephen, sì scusami, non riesco a rilassarmi ultimamente”.

“Allora oggi ho una buona notizia. Tom manca dal reparto di osservazione, volevo mandare te al suo posto. Te la senti?”

“E me lo chiedi anche? Certo che me la sento”.

Sono contento. Forse questa giornata non è totalmente da buttare. Succede poche volte di essere mandati nel reparto osservazione ma, tra tutti gli incarichi, è quello che mi piace di più. Entro nella stanza all’ultimo piano dell’edificio. Il soffitto è trasparente e vedo il cielo limpido. Non ci sono nuvole ed i raggi del sole illuminano la stanza. Poso la borsa e vado ad osservare velocemente lo spazio con il telescopio. Sono mesi che non vedo l’ora di farlo. Marte, Giove, Saturno, Urano…Sì ci sono tutti e sono ancora lì. Rido delle mie stesse battute. Peccato che a volte le capisca solo io. Accendo il PC e apro il terminale. Qualsiasi tipo di messaggio è monitorato e viene riprodotto attraverso codice binario. Comete, asteroidi, ma anche aerei ed oggetti all’interno dell’atmosfera, qualsiasi elemento osservato riproduce un messaggio. Oggi ancora non c’è nulla sullo schermo. Va bene così, ho tempo di rilassarmi.

Non faccio in tempo a sedermi sulla sedia che sento un bip provenire dal PC. È stato captato qualcosa. Vediamo di cosa si tratta. “53 61 6C 76 65”. Strano codice, non mi sembra di averlo mai notato. Non ricordo a memoria la corrispondenza da codice esadecimale ad ASCII, quindi prendo la calcolatrice e provo a convertire. Risultato “Salve”. La prima reazione che ho è ridere. Sarà sicuramente lo scherzo di qualcuno. Forse  gli idioti del reparto radar, che si divertono sempre a prendermi in giro. Sono divertenti, vado a trovarli, almeno mi faccio un paio di risate.

Timbro ed entro nel loro reparto. Vuoto. Strano non ci sia nessuno. Poi guardo l’orologio e vedo che è l’ora del caffè. Sono in pausa. Allora cosa era quella scritta Salve? Torno di corsa alla mia postazione e stavolta lo schermo è pieno di stringhe esadecimali. Con calma prendo la calcolatrice e converto.

“Mi chiamo Xantas, sono il leader di questa spedizione partita da Omega, pianeta che appartiene al vostro stesso settore della galassia. Vi prego di non allarmarvi, siamo venuti in pace. Non siamo visibili ai vostri radar. Vorremmo parlare con voi ed esporre i motivi della nostra presenza. Chiunque sia in ascolto, ci dia una risposta. Tra qualche minuto invieremo nuovamente il messaggio”.

Non sento più nulla, sono in una bolla. È reale oppure la mia psicopatia ha raggiunto il punto del non ritorno? Forse inizio a vedere delle cose che non esistono. Provo a darmi uno schiaffo. Provo a pizzicarmi. Ma non mi sveglio, quindi deve essere reale. Cosa faccio? Devo avvertire qualcuno o provo a rispondere io? Tecnicamente sono il responsabile del reparto, spetta a me. Mentre penso e mi faccio domande sento il cuore battermi forte e vado in panico. Mi alzo e cammino velocemente nella stanza. Mi serve Alicia, è l’unica che può aiutarmi a tranquillizzarmi. Reparto biologia. Di corsa. Arrivo col fiatone alla porta.

“Buongiorno Max, che sorpresa! Che ci fai qui?” chiede con la solita energia.

“Devi venire subito con me nel reparto osservazione. Non farmi domande, seguimi e basta per favore!”

“Cosa succede?”

Non le rispondo, le prendo solo la mano e la trascino con me. Sento le sue colleghe ridere dietro di lei. Non si capisce perché ridono quando mi vedono. Capisco che sono un soggetto ed un disagiato, ma un minimo di sensibilità potrebbero mostrarla ogni tanto.

“Max, mi stai facendo male!” mi dice Alicia mentre saliamo le scale.

“Scusami”.

Le lascio la mano ed arriviamo davanti al PC.

“Guarda lo schermo” le dico. “Di solito le sequenze binarie che riceviamo sono le risposte in frequenza degli oggetti astronomici che osserviamo”.

“Vai al sodo Max, sai che di questa roba non ci capisco niente” risponde.

“Giusto. Stamattina è arrivata questa sequenza, che si ripete ogni cinque minuti. Se la converti, il messaggio è il seguente”.

Do il foglio con il messaggio scritto a mano ad Alicia e la guardo aspettando un suo riscontro. Guarda il monitor del PC, poi di nuovo il foglio. Mi sto agitando e muovo la gamba come se avessi una crisi isterica. Poi mi guarda.

“Beh Max, cosa diavolo aspetti a rispondere?” chiede arrabbiata.

“Sì ma come faccio? Dovrei chiamare qualcuno? Cosa gli rispondo?”

“Pensa di meno e tranquillizzati. Sei te il responsabile del reparto al momento, rispondi come viene!”

Ok, ha ragione. Mi siedo, prendo il respiro. Ho le braccia che tremano. Alicia mette le sue mani sulle mie spalle e fa un lieve massaggio. Ora sono più sereno.

“Salve, sono Maximilian. Vi confermo di aver ricevuto il messaggio. Sono totalmente incredulo, non sapevo cosa fare fino a pochi secondi fa. Pensavo fosse uno scherzo. Datemi qualche minuto per contattare i miei superiori. Cercherò di essere il più veloce possibile”.

Incredibile. È un evento surreale. Quello che avevo desiderato la sera precedente si è avverato. Sento una fitta allo stomaco, forse per via della tensione. Non riesco a pensare, c’è solo il cuore che batte all’impazzata. Mi giro, poggio i gomiti sulle cosce e nascondo il viso tra le mani. Sono in difficoltà, mi vergogno a mostrare il mio volto sconvolto ad Alicia. Però lei percepisce il mio disagio, mi conosce. Si inginocchia davanti a me, mi toglie le mani dal viso e mi abbraccia. Grazie di esserci.